Perchè Allegri ha ragione contro Adani (ma su cosa ha torto)
La (abituale) lite fra Allegri e Adani va in scena anche quest'anno a fine Campionato. Il tecnico bianconero con lo Scudetto in tasca attacca duro e su molte cose ha ragione. Ma su qualcosa ha torto. Facciamo il punto.
Anche quest'anno a fine stagione con i giochi ormai fatti, si sa, chi ha sassolini nelle scarpe da togliersi può lasciarsi andare. È il momento in cui Max Allegri e Adani ci hanno abituato ad accesi confronti di opinione, nei quali in sostanza il tecnico dà all'ex-centrale del facilone, del teorico e implicitamente del perdente. Adani giustamente prova a incazzarsi, ma con qualche garbo, per non finire proprio con insulti di famiglia e poi la lite sfuma in fading come un pezzo dei Dire Straits.
Ma non c'è solo fuffa in questa discussione. Nel momento di massimo affondo della filippica allegrica, il tecnico toscano dice cose importanti.
Non esistono i giocatori forti in assoluto
È un concetto limpido per chi capisce qualcosa di pallone, ma sono in moltissimi - causa una percezione del gioco del calcio in formato videogioco - ad ignorare questo concetto che Allegri ribadisce correttamente: non esistono giocatori forti in assoluto. Esistono circostanze. Il calcio è uno sport multidimensionale, i calciatori sono uomini che attraversano stati di forma variabili, stati psicofisici legati alla vita privata, momenti difficili di crescita interiore o esteriore. Perciò la scelta dei giocatori dipende dal momento ed è una parte sostanziale del lavoro di allenatore vincente. Allegri ribadisce l'ovvio per togliersi le pietre dalle scarpe: in sostranza sta dicendo sono io che sono bravo a scegliere i giocatori e grazie a queste scelte vinco, perchè non basta mettere in campo Cristiano Ronaldo solo perchè riempie le prime pagine dei giornali, anche l'inserimento di tre mediani ti può far vincere lo scudetto, sebbene poi i giornali possano criticarti per aver fatto scelte conservative.
"Spinazzola dopo l'Atletico non sapeva più nemmeno se tirare col destro o con il sinistro"
Max Allegri
La differenza fra giocare bene e vincere sembra sottile ma non lo è
Altro punto-chiave dell'affondo di Max è la differenza fra giocare bene e vincere. Questo è un tema rimasto caro al tecnico juventino, che ha sofferto particolarmente le ferite infertegli dalla stampa nazionale e dai commentatori calcistici a partire dalla scorsa stagione quando Sarri veniva prima votato come migliore allenatore (dagli stessi calciatori della Serie A), poi il termine sarrismo veniva introiettato dalla Treccani e dulcis in fundo il gioco espresso dal Napoli del tecnico originario di Bagnoli gli veniva sbattuto in faccia di quando in quando come un guanto di sfida.
La risposta di Allegri è la vittoria. Se vinci, hai ragione. E per vincere non basta solo la bellezza, è necessario avere la furbizia, l'intelligenza tattica per comprendere i punti deboli dell'avversario, spesso anche a gara in corso. Qualche volta pur di vincere devi sacrificare l'estetica, devi sacrificare i giocatori che possiedono ad esempio maggior tecnica individuale, a vantaggio di un bene superiore: aumentare le possibilità di vincere la partita sfruttando tutti i punti vulnerabili dell'avversario.
Anche su questo punto secondo me Allegri ha una buona fetta di ragione. Nel senso che il fine deve sempre giustificare i mezzi e la bellezza (termine vago che mutuiamo dal dibattito in corso) non può e non deve diventare un alibi. Certo ciò non toglie che una squadra può essere bella e vincente contemporaneamente, la storia del calcio è piena di esempi celebri: il Milan di Sacchi, l'Ajax del calcio totale, il Barcelona degli utlimi 15 anni e così via.
"In Italia stiamo diventando tutti teorici"
Max Allegri
Su cosa Allegri ha torto
Il discorso di Allegri è sostanzialmente giusto ed è il punto di vista di un grande allenatore, che può insegnare calcio a tantissimi in Italia. Cosa stride in questo ragionamento? Una sola cosa: che se noi utilizziamo, come Allegri vuol fare, la vittoria del titolo per giustificare le proprie ragioni e derubricare quelle degli altri, allora le vittorie devono essere limpide e prive di ombre. Altrimenti questo discorso corre il serio rischio di essere autoassolutorio. Perciò Allegri sbaglia ad agitare la vittoria come un bastone, almeno fino a quando non potrà spiegare perchè Orsato e VAR non sanzionarono il secondo platealissimo fallo di Pjanic nella famosa Inter-Juve dello scorso anno. Non c'è una spiegazione: quella resta una pagina grigia, per non dire nera, del calcio italiano e nessun discorso potrà cancellarla.
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